Fenomeni totalmente nuovi o che si presentano sotto nuova forma alla coscienza impreparata dell’uomo contemporaneo caratterizzano il passaggio di secolo e di millennio che stiamo attraversando.     

Da un lato gli avvenimenti di ogni parte del mondo diventano all’istante patrimonio comune di tutti gli uomini  grazie al diffondersi dell’informazione e delle comunicazioni in tempo reale. Culture, popoli, etnie, tradizioni si incontrano (e si scontrano talvolta) attraverso nuove migrazioni, mescolanze, scambi, contrasti, fecondazioni reciproche.       

Ogni confine geografico e culturale cade di fronte a fenomeni di portata mondiale, che fanno della Terra sempre più un “villaggio globale”, un organismo vivente, un unico essere in evoluzione (Gaia). In quest’ambito assume grande rilevanza il tema del rapporto che l’uomo ha con gli altri esseri viventi, con i regni della natura, con la vita sulla terra: il problema ecologico è diventato oggi scottante.

Dall’altro lato l’uomo sperimenta la sconcertante e rapida perdita di identità, di certezze, di sicurezza e cerca affannosamente punti di riferimento che, se all’esterno crollano uno dopo l’altro (ideologie, confessioni religiose, organismi giuridici e culturali, sistemi economici, politici e sociali), al proprio interno stentano ancora a chiarirsi e consolidarsi. Sempre più è attuale l’antico detto greco: “uomo conosci te stesso”. In questa ricerca d’identità assume particolare significato il tema della duplice esperienza che l’uomo fa di se stesso come essere conoscente e come creatore di realtà, come scienziato e come artista. La separazione, che oggi egli sente in sè, di queste due esperienze, separazione che un tempo non esisteva, lo pone in una condizione difficile e contraddittoria.    

 

  

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Rudolf Steiner, Secondo Goetheanum, Dornach - CH
  

 

Tutte queste problematiche si ritrovano espresse anche nell’architettura, nell’opera umana che forma e definisce l’ambiente in cui vivere. Il tramonto degli stili, la confusione e il moltiplicarsi dei linguaggi e delle proposte, il rapido apparire e tramontare di mode e abitudini, la “morte dell’arte” come ambito consolidato dell’esperienza è testimonianza di questa situazione. Lo è anche l’alienazione e l’espropriazione che l’architettura subisce  nella pratica quotidiana  del costruire da parte di altri ambiti più forti e “concreti” (le spinte e gli interessi economici, politici, ideologici, i vincoli giuridici e normativi), mentre del resto anch’essa si riduce spesso a sfogo di mire ed ambizioni personalistiche o a perpetuare vecchie tradizioni ormai superate.      

Negli ultimi decenni sono comparsi all’orizzonte alcuni impulsi che hanno provato a rinnovare le cose e a risolvere i problemi più scottanti. In risposta alla crisi del funzionalismo sono sorti prima il postmodern e poi il decostruttivismo, entrambi a proporre da sponde opposte e antagoniste una via d’uscita verso il recupero dell’immagine. Ma al fallimento del primo corrispondono i pericoli del secondo. Sul piano sia della pratica edilizia sia delle ricerca teorica attenta agli aspetti eticofilosofici della professione, si è fatto largo poi il movimento della architettura bioecologica, che tra molte contraddizioni, anacronismi e confusioni dei piani della realtà, tenta però di rinnovare il difficile patto di fratellanza con la natura.       

Quanto siano efficaci e decisivi questi tentativi si può vedere solo se vengono vagliati alla luce di un progetto culturale e spirituale più ampio, che rifondi l’architettura moderna su un’immagine nuova e globale dell’uomo, su un metodo di conoscenza e formazione della realtà basato nuovi presupposti. Solo se si coltiva coscientemente l’elemento autenticamente spirituale nell’architettura, con modalità scientifiche ed artistiche al tempo stesso, è possibile dare ad essa nuovi ed adeguati fondamenti, validi per l’epoca che ci sta di fronte.